LA SCIENZA HA FATTO PASSI DA GIGANTE E QUESTA VOLTA
RACCONTA IL SUCCESSO COMPIUTO, CONTRO LE MALATTIE DELLA RETINA
Argus II è il nome della Protesi Retinica impiantata in una paziente colpita
dalla malattia di Stargardt (rara forma degenerativa ereditaria che colpisce la
retina di una persona su 10.000),
che le avrebbe permesso di ‘rivedere il mondo’, anche se in parte.
Quest’occhio bionico è stato inventato e messo in commercio dalla Second Sight
Medical Products (azienda californiana che nei primi anni 2000 intraprese la
sperimentazione su persone con disabilità visive), ed è risultato idoneo verso
le patologie quali la coroideremia, la sindrome di Usher e le retiniti
pigmentose. La prima paziente che ha avuto la ‘fortuna’ di riacquistare parte
della vista, grazie a questa protesi bionica installata su un occhiale esterno,
ha sessantasette anni e si chiama Lucia. Il suo caso è stato preso in esame dal
professor Stanislao Rizzo dell’AOUC (Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi)
di Firenze, che in seguito a un intervento di circa due ore le avrebbe impiantato
una matrice di elettrodi nella retina, utilizzati per collegarsi a una mini
videocamera, che trasmette gli impulsi elettrici al sistema wireless
dell’occhiale esterno ‘indossato’ dalla paziente.
IL FUNZIONAMENTO DELL'OCCHIO BIONICO
La
dottoressa Maura Arsiero (Director Business Development dell’azienda
californiana) spiega, in un’intervista resa al periodico settimanale Panorama,
che il dispositivo “è composto di una banda sclerale di silicone, (cerchiaggio
utilizzato nel distacco della retina), che viene sistemato chirurgicamente
sotto i quattro muscoli dell’occhio e che proprio li, conterrebbe un’antenna
ricetrasmittente all’interno di un involucro in titanio, dove si trova ‘il
cuore’ di tutta l’elettronica che permetterebbe la connessione ai due accessori
esterni (occhiale e video processore). Il sistema, collegato a una matrice di
sessanta elettrodi e 'posizionato' sul fondo dell’occhio, riuscirà a bypassare le
cellule morte, ormai inutili, stimolando quelle ancora attive nell’occhio del
paziente e ridandogli una visione ravvicinata; questo grazie a stimolazioni elettriche
in grado di creare dei disegni luminosi che l’ipovedente imparerà a riconoscere in tutte le sue forme; esempio: la sagoma di una persona, un albero, una
macchina, degli oggetti riconoscibili, porte, finestre e quant’altro”. In
seguito al successo di questa nuova tecnologia bionica, gli studi si stanno
rivolgendo alla maculopatia degenerativa dell’anziano; una patologia che avrebbe colpito
oltre 20.000 persone in Italia.
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