sabato 18 agosto 2018

SINDROME DA DEFICIT DI ATTENZIONE E IPERATTIVITÀ, IN QUATTRO PAROLE



SONO MOLTI I GENITORI CHE NELL’ARCO DELLA PROPRIA VITA, SOPRATUTTO CON LA VENUTA AL MONDO DI UN FIGLIO, POSSONO SCONTRARSI CON LA SINDROME DA DEFICIT DI ATTENZIONE E IPERATTIVITÀ. MA IN COSA CONSISTE QUESTO CHE, CHIAMATO IN INGLESE ADHD (ATTENTION, DEFICIT/HYPERACTIVITY DISORDER), È CONSIDERATO UN DISTURBO DA SOTTOPORRE ALL’ATTENZIONE DI SPECIALISTI IN NEUROPSICHIATRIA INFANTILE, ALLA PSICOLOGIA CLINICA E A SEDUTE DI PSICOTERAPIA?
Dagli elementi scientifici identificati dal gruppo di ricerca dell’American Psychiatric Association e trascritti nel DSM-IV (manuale diagnostico delle malattie mentali), sembrerebbe che la sindrome da deficit di attenzione e iperattività, colpisca circa il 5% della popolazione al di sotto del diciottesimo anno. La stessa diagnosi invece relazionata sulla base dei criteri dell’ICD-10 (classifica stilata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità), porta questo numero ad abbassarsi e aggirarsi intorno all’1, 2%. La causa dell’ADHD non è ancora stata trovata, anche se molti ricercatori la collegano a fattori ambientali, genetici, ereditari, fisici, o socio familiari, della persona colpita. A questi fattori si aggiunge una ricerca della Word Health Organization, che avrebbe evidenziato disturbi risalenti all’ADHD in soggetti sottoposti ad abusi e violenze in età pre adolescenziale.



SINTOMATOLOGIA SINDROME DA DEFICIT DI ATTENZIONE E IPERATTIVITÀ
Non sempre è facile per i genitori, scoprire che il proprio figlio è affetto da sindrome da deficit di attenzione e iperattività. Spesso sottovalutato, l’errore più grande è quello di attendere ‘tempi migliori’ prima di accettare la condizione e parlarne con un medico specialista che potrebbe diagnosticarla. Così facendo, quello che per molti può essere considerato un comune stato di vivacità del bambino, sono invece sintomi dell’ADHD. Vediamo quali sono elencandone alcuni: gli è difficile concentrarsi; è distratto; frequentemente annoiato se non interessato e divertito da ciò che fa; non riesce a fare i compiti a casa; perde gli oggetti scolastici (matita, penna, gomma, ecc); è assente quando gli si parla; sembra sogni a occhi aperti; dialoga freneticamente; gioca con qualsiasi cosa gli ‘cade’ in mano; ride senza apparente motivo; non sta seduto a tavola; non rispetta il proprio turno; prevale sugli altri amici; vuole vincere a prescindere.


ALTRI DISTURBI LEGATI ALL’ADHD
La sindrome da deficit di attenzione e iperattività, oltre che essere causa di sbalzi di umore e manifestazioni infantili nella crescita del bambino, in fase pre e post adolescenziale può colpire la sfera relazionale ed essere origine di disturbi quali depressione e ansia. La maggior parte di loro sono molto intelligenti e dimostrano un quoziente intellettivo molto più alto della media, ma difficilmente vedremo un bambino affetto da ADHD, interagire per un lungo periodo di tempo con i coetanei. Lo si vedrà cambiare spesso amici, restare solo, rimanere chiuso in casa e cosa più grave, accanirsi con i videogiochi se mai dovesse perdere in quella che ritiene la sfida della sua vita. Il 5% dei bambini italiani presentano questo deficit neurologico in maniera leggera, ma circa 70mila sono affetti dalla forma più grave.

IPERATTIVITÀ E PSICHIATRIA DELLE SOLUZIONI
La cosa da fare quando si è davanti ai sintomi sopra citati, è rivolgersi a uno specialista in neuropsichiatria infantile. In seguito alla psicodiagnostica, comprendente esame psicologico, psicopatologico e personologico, lo specialista valuterà secondo l’età e le eventuali difficoltà dei bambini, esprimendosi con una diagnosi psichiatrica. Le linee guida sono dettata da criteri internazionali pubblicati nel manuale dell’ICD-10 dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) e dal DSM-5 dove si evincono i cambiamenti e le rivalutazioni in materia, approvate dalla Fondazione APA (American Psycological Association). L’insieme di questi esami porterà a trattare la sindrome da deficit di attenzione e iperattività, con l’utilizzo della farmacologia(nell’80% dei casi con beneficio), terapia comportamentale, cognitiva, familiare, interventi clinico-psicologici, modifiche alla quotidianità e allo stile di vita.